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lunedì 27 luglio 2015

"Antonio. Punto e a capo!" - ottavo capitolo

GUAI IN VISTA

 
Oggi è il primo giorno che Stefano ed io dobbiamo studiare insieme. Non sta tanto lontano da casa mia e con i miei abbiamo deciso che ci andrò da solo. Devo solo percorrere la strada dove abito io per un bel tratto fino alle scuole medie e poi girare nella piazzetta: Stefano sta proprio lì. Ieri ho fatto un sopralluogo, per andare a colpo sicuro, e passando davanti alle scuole medie ho trovato un gruppettino di ragazzini con una tipa strana con tutti i capelli ingarbugliati che mi hanno preso in giro mentre passavo di lì … per la verità la tipa strana si è limitata a ridere e basta, senza dire niente, ma guardandomi come un babbeo. Me lo sentivo che non me l’avrebbero fatta passare liscia, mi sono reso conto subito che mi avevano preso d’occhio, anche se tenevo apposta lo sguardo fisso altrove. Non ero ancora arrivato davanti a loro che stavano già ammiccando verso di me e si scambiavano le solite occhiate da bulletti. Spero che oggi non ci siano, perché non ho nessuna voglia di risorbirmi le loro risate sguaiate. Cambiare strada mi porterebbe a fare un giro pesca enorme che non ho proprio voglia di fare. In più così facendo dovrei passare davanti al benzinaio che ha un cane enorme e fra i teppisti e il cane non saprei proprio chi scegliere … ah, magari il prossimo anno mi faccio iscrivere dai miei a kung-fu! Non faccio a tempo ad attraversare la strada che rivedo il gruppettino appollaiato sul muretto della scuola. La stessa tipa con i capelli ingarbugliati di ieri sta invece seduta dietro un tizio su un motorino e il deficiente, mentre chiacchiera con i suoi amici, dà delle potenti sgassate asfissiando tutti. Spero che non si siano accorti di me e sto per attraversare la strada per passare dall’altra parte del marciapiede, quando sento uno che fa:

- Oh, ragazzi! C’è la cacchetta di ieri! -

Faccio finta di non aver sentito e per non sembrare un vero pollo decido di non attraversare e di continuare imperterrito sullo stesso marciapiede. Ma loro, come immaginavo, non mollano.

- Ehi, forse la cacchetta è sorda, oltre che puzzolente.

- O magari fa il finto tonto.

- O magari non ti porta rispetto Guerriero! Neanche si è degnato di guardarti e porgerti i suoi omaggi!

- Io ho visto che ti guardava invece, e ti guardava pure male, ‘sto rosso malpelo.

- Ehi ehi ehi - fa allora il tizio sul motorino - calma ragazzi! Magari si tratta solo di un malinteso … - comincia con tono da finto magnanimo, ma lo sento che invece ha una voce minacciosa e comincio ad avere davvero paura – magari il moccioso non sa un piccolo particolare - conclude mettendo il motorino sul cavalletto e facendo scendere con un solo gesto la ragazzetta. Poi mi si para davanti. Vedo la sua maglietta che tira su un corpo perfettamente scolpito da miliardi di ore spese a fare sport – magari il moccioso non sa che la strada è nostra. Se vuoi passare di qui devi pagare una gabella, servo della gleba! Sgancia i soldi che ti ha dato mammina per la merenda!

Tutti ridacchiano e restano a guardarmi. Questo Guerriero, come lo chiamano i suoi amici, non è tanto più alto di me, ma ha muscoli infinitamente più definiti … beh, muscoli che io non credo nemmeno di avere. Mi si è avvicinato tanto che sento il suo respiro sul viso e so che devo rispondere qualcosa, ma come sempre, non so cosa!

- Io … di soldi non ne ho … - comincio un po’ titubante – e poi … - non faccio a tempo a finire la frase che mi arriva una spinta da dieci e lode e finisco dritto dritto al tappeto. Gong. Primo round. Altre risate. Possibile che non passi nessuno in questa strada per darmi una mano? Anche il negozio di materiale elettrico che c’era fino all’anno scorso qui davanti ha chiuso i battenti, soffocato dai grossi centri commerciali … quindi non posso neanche sperare nell’aiuto di Fabio, l’ex proprietario.

- Alzati pivello. Diamine, reggiti in piedi almeno per cinque minuti. Sei imbarazzante … - mi fa il Guerriero con gesto sprezzante – fuori i soldi polletto - conclude accompagnando le parole a un gesto eloquente della mano.

Mentre mi rialzo penso che in fondo potrei mettermi a correre, sennò che faccio atletica a fare? Questo mica sarà anche un centometrista per caso? Ma lui mi ha già preso per la maglietta e riavvicina la sua faccia alla mia guardandomi minaccioso, mentre con l’altra mano mi sfila il portafogli dalla tasca dei jeans. Con un gesto lo passa a un altro ragazzo che lo apre, svelto.

-Oh, questo pezzente qui ha solo cinque euro – osserva prendendo i soldi e buttando a terra il portafoglio -

- Ma neanche un cellulare hai? E dai, tiralo fuori!

- Il cellulare non ce l’ho.

- Figurati! Ce l’hanno tutti il cellulare!

- No, io no – e mi accorgo con orrore che la mia voce non è ferma per niente e la cosa peggiore con tipi come questi credo sia mettersi a piagnucolare. Così cerco di schiarirmi la voce – nel portafoglio c’è una scheda telefonica … controlla se vuoi … se avessi un cellulare, a cosa mi servirebbe?

- E bravo il nostro piccolo cervellone – mi fa allora il Guerriero assestandomi una sberla reale. Dopo un attimo sento che dal naso mi cola giù qualcosa di caldo e istintivamente ci porto la mano … Cavolo, mi ha fatto uscire il sangue dal naso!

- Allora, per la prossima volta, impara bene la lezione: fatti comprare il cellulare in modo che possa prendertelo, diciamo così, in prestito, quando ci rivediamo! Altre risate, dalle quali spicca però una voce alterata.

- Ma la finisci oppure no, pezzo d’idiota! Guerriero dei miei stivali! Eccolo qui il coraggioso del quartiere che minaccia i bambinetti! – la ragazzina dalla testa ingarbugliata si è avvicinata a lui e senza nessuna paura lo strattona violentemente.

- Ma che cavolo stai facendo Lana?

- Che cavolo stai facendo tu, ridicolo sbruffone.

- Guerriero! Te la fai cantare dalla tua ragazza? – l’attenzione adesso non è rivolta più su di me ma su quei due e so che la cosa più saggia sarebbe darmela a gambe, ma non so come mai mi sento impiombato al suolo.

- Non sono la ragazza di nessuno, tanto meno di questo scemo – si ribella allora lei. E’ una furia scatenata e i suoi occhi scintillano di rabbia e furore: gli sta addosso come se non avesse nessuna paura di lui, ne’di nessuno, come se tutta quella banda di ragazzi in realtà non fossero che bambinotti insignificanti. Lui cerca di tenerla a bada, ma lei scalcia e si dibatte, graffia e seguita a urlargli contro e l’unica cosa che riesce a fare lui è cercare di tenerla ferma e di schivare i suoi colpi. Quando riesce alla fine a bloccarle le braccia dietro la schiena, lei fa in modo di voltarsi di nuovo verso di me.

- E tu che fai ancora qui, bamboccio? Non ti sono ancora bastate per stasera? – mi sibila con la faccia da dura, ma poi l’espressione si stempera e mi strizza un occhio, mentre nessuno la vede.

- E tu? – riesco solo a mormorarle, riconoscente.

- Io, come sempre, me la cavo da sola, grazie … e poi cosa vuoi che me ne faccia di un pivellino come te? – conclude a voce più alta per farsi sentire dal gruppo.

Si leva di nuovo un coro di risate sguaiate.

Così, con un misto di sollievo e umiliazione, mi sbrigo a filarmela. Ho le guance in fiamme per la vergogna per quello che è successo e forse anche un po’ per aver lasciato quella Lana lì con loro, forse nei guai … o forse no … d’altra parte se sono suoi amici, lei non deve essere tanto meglio di loro.

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