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martedì 30 giugno 2015

"Antonio. Punto e a capo!" - primo capitolo


DUE PISTOLERI
 

Uffa! Da un po’ di tempo in qua Gennaro è sempre in ritardo agli
allenamenti di atletica e il mister si sta scocciando. Anche oggi tarda già da dieci minuti. Non faccio altro che scrutare l’orizzonte sperando di veder spuntare il suo ciuffo nero … Oh no! Guarda in compenso chi sta arrivando! Le sorelle “eco”, come le chiamo io. Sono gemelle, super lentigginose e grassottine, con un cesto di riccioli incolti che non vedono il pettine da quando sono nate. Se ne vanno sempre in giro insieme con dei panini grossi come dirigibili. Le conosco perché abitano nella mia strada e abbiamo la stessa età. Mamma dice che sono nate pochi giorni dopo di me e che all’epoca vedeva sempre i loro genitori con due occhiaie fino alle caviglie per la stanchezza …
 

 

- Ciao Antonio! – mi saluta Dora prima di dare un gran morso al suo panino.
- ‘Ntonio – le fa eco Fedora.
- Ciao Fedora, ciao Dora – le saluto con un sorriso, e non posso fare a meno di pensare a quanta poca fantasia possano avere i loro genitori!
- Che fai? Non vieni agli allenamenti? – mi chiede Dora.
- Già, e gli allenamenti? – si associa Fedora.
- Sì, adesso arrivo. Voi intanto andate. Vi raggiungo.
- Mica starai aspettando Gennaro? Lo sai che quello è sempre in ritardo ultimamente … quando si ricorda di venire, poi! – conclude con una scrollata di spalle, mentre si pulisce dai bricioli sparsi sulla maglietta.
- Già, mica starai ancora ad aspettarlo?
- Avrà avuto qualche problema. Sono sicuro che adesso arriva – rispondo sentendomi subito rissoso - E comunque non lo sapete che non si mangia prima di fare sport? Va a finire che vomitate tutto!
Al che le due si guardano facendo spallucce.
- Il corpo è come una macchina: se non ci metti la benzina non va! - rispondono in coro.
- Se anche tu facessi lancio del peso, non potresti essere così mingherlino … – riprende Fedora con uno sguardo di commiserazione - vabbè, noi andiamo, ti converrebbe venire con noi, invece di star qui a perdere tempo …
- Mmh … Già, stai qui solo a perdere tempo …
Sto per dare una rispostaccia a tutte e due quando vedo arrivare Gennaro tutto trafelato.
- Antò! Eccomi!
- Ma dove ti eri cacciato? E’ un secolo che ti aspetto! – gli sibilo guardandolo male. Poi mi volto verso le ragazze – Visto? E’ arrivato! – faccio con un bel sorriso, tutto soddisfatto. Loro però mi guardano scuotendo la testa e se ne vanno senza nemmeno rispondere.
- Eh, figuriamoci, un secolo! Beh, ora sono qui. Andiamo, che facciamo tardi … - risponde asciutto.
- Ma si può sapere cosa sta succedendo? Prima non arrivavi mai in ritardo, non ti perdevi un allenamento ... guarda che il mister si lamenta di te, dice che non ci metti impegno ... e la cosa più grave è che ha ragione!
- Iiih quante storie! Ho avuto da fare con mia sorella e dovevo finire i compiti, sennò chi la sentiva mamma! Sarò un po’ stanco in questo periodo, ecco tutto. Che vuoi che ci sia? – e rimane a guardarmi sorridendo e dandomi una pacca sulla spalla per smorzare l’aria lamentosa della sua risposta.
- Mmh – mugugno poco convinto – secondo me non me la racconti tutta. A guardarti sembra che tu abbia appena finito di allenarti, e invece dobbiamo ancora cominciare! Sei stravolto!
Lui mi guarda in modo strano, apre la bocca, fa un sospirone, poi la serra e sembra di colpo triste.
- Cosa vuoi dire? Devi dirmi qualcosa Antonio? – mi chiede serio serio – perché se devi dirmi qualcosa, dimmelo subito e facciamola finita.
Sentendo il suo tono grave rimango a guardarlo come se avessi visto un dinosauro – Che vuoi che abbia da dire?! Solo quello che ho appena detto! Lo sai che è da un po’ che sei strano, eh?
- Eh, sei normale tu, invece! – risponde lui ritrovando un mezzo sorriso. E sembra che la mia risposta l’abbia sollevato da un peso enorme – Senti, lo sai che ti dico? Ormai abbiamo fatto tardi e mica mi va tanto di sorbirmi un’altra predica del mister. Andiamo a prenderci un gelato e facciamo un giro ai giardini, ti va? Così magari arriviamo al campo da baseball e ci vediamo gli allenamenti dei ragazzi grandi e chiacchieriamo un po’. Lo sai che nella partita di domenica scorsa …
- Oh, ma con questo baseball hai preso proprio una fissazione, eh? – sbotto - Non fai che parlare di quello! Della partita che hai visto alla televisione, delle partite che vai a vedere di nascosto della Florentia Baseball scavalcando la rete … che prima o poi ti beccano, eh … pensa che figura … del negozio di sport che vende i cappellini dei Red Sox! Gennaro! Riprenditi! Lo sai che il tuo sport è l’atletica! Quella prova di baseball che abbiamo fatto per la festa dello sport è stata solo una parentesi per divertirci, lo avevi detto anche tu … Lo sai che i tuoi non potrebbero permettersi di iscriverti a un corso così! Non sei contento di fare atletica con me?
- Io … io a quella prova sono stato bravo, lo sai. Che male c’è se ne parlo? – risponde, facendo l’offeso – e grazie tante per avermi ricordato che non sono ricco!
- E’ che parli solo di quello! Sempre di quello! – esclamo. E mi dispiace ammetterlo, ma la mia voce suona proprio scocciata.
- E tu ti arrabbi sempre appena comincio a parlarne! Sempre! Non si può aprire bocca!
- Non è vero!
- Certo che è vero! Sennò perché stai urlando?
- Urli anche tu! Te ne accorgi?
Se qualcuno ci vedesse in questo momento, penserebbe che siamo due attori di film western. Avete presente quando i pistoleri sono uno di fronte all’altro, pronti per sfidarsi, e all’improvviso il silenzio si fa irreale? Nessuno di noi due dice più una parola. Se ci penso, ho quasi l’impressione che potrei stare senza più aprire bocca per sempre. Primo perché questa scena mi fa tristezza e quando sono triste non so mai cosa dire. Secondo perché non so nemmeno come abbiamo fatto ad arrivare a urlarci contro. Gennaro ed io non lo facciamo mai. Siamo amici. E gli amici non urlano l’uno contro l’altro. Terzo perché in fondo non capisco perché a volte sono così rigido: che male c’era ad andare a prenderci un gelato? Ora saremmo da Luciano, che fa il gelato più buono che abbia mai assaggiato, a mangiarci crema e cioccolata. O pistacchio e fior di latte. La Barbara ci fa sempre dei super coni giganteschi …
- Io me ne vado a casa – sbotta a un tratto Gennaro scuotendo il suo lungo ciuffo nero. Riprende lo zaino che aveva posato a terra e se lo rimette in spalla. Passandomi accanto mi urta lievemente. Lo guardo avviarsi verso casa sua. Di solito facciamo sempre la strada insieme, così le nostre mamme stanno più tranquille. Dovrei chiamarlo, forse. Chiarire, spiegare le nostre ragioni con calma. Ma mentre penso tutto questo, i minuti passano veloci e lui è già lontano.

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